Negli anni della guerra fredda il panorama automobilistico dell'Est europeo era decisamente deprimente.
Le industrie automobilistiche dovevano fare i conti con i pochi finanziamenti, con le imposizioni della politica e l'immobilismo tecnico e stilistico a cui erano assoggettati ingegneri e designers. Nonostante questo si sognava e si sperimentava, cercando di trovare il giusto compromesso tra economicità e praticità.
I risultati però erano quasi sempre particolarmente brutti e quasi mai destinati alla produzione.
I nomi Trabant, Wartburg, Moskvitch, IZH, FSO, etc., a molti risulteranno poco familiari o del tutto sconosciuti, ma per tanta gente che abitava aldilà della "cortina di ferro" erano l'unica soluzione ai problemi di mobilità.
Probabilmente l'ottusaggine della dirigenza politica di quegli anni ha avuto la sua parte di colpe nel mancato sviluppo di tecnologie e design da applicare all'automobile, vista solo come mezzo di trasporto o da lavoro, preferendo sviluppare altri settori, come gli armamenti o la "corsa allo spazio".
I prototipi qui presentati sono una piccola parte di quei "sogni", creati da designers, ingegneri e progettisti che non volevano assoggettarsi a quel tipo di "monotonia tecnica". Auto che fanno sorridere, forme bizzarre, ma anche idee valide e innovazioni tecnologiche che le avrebbero rese più performanti e più sicure, ma tutte vanificate in nome di ideali che poi sarebbero crollati.
Purtroppo la maggior parte di questi prototipi è andata distrutta, un po' perchè il materiale andava riciclato per altri studi, ma anche per precise disposizioni governative. Per questo motivo in alcuni casi il materiale fotografico a disposizione non è di alta qualità.
Elaborazione testi e ricerca fotografica: Buonocunto Mario
TRABANT (DDR)
La storia automobilistica della Trabant si può sintetizzare nel suo modello più famoso, la mitica P-601, chiamata anche affettuosamente "Trabi": la vettura del popolo (comunista).
Un concentrato di semplicità: carrozzeria in plastica, niente valvole nè albero a camme, nessuna cinghia o catena per la distribuzione, niente coppa e pompa dell'olio (in quanto due tempi), nessuna pompa dell'acqua e ovviamente niente radiatore perchè il raffreddamento era ad aria. Eppure riuscì a motorizzare praticamente tutta la Germania Est, tanto da diventare oggi oggetto di culto tra gli appassionati. Ma i designers della Trabant sognavano anche altro...
1961 TRABANT P 100 (PALOMA)
Nel 1961 la Trabant provò a studiare, insieme alla consociata Wartburg un nuovo modello, di categoria superiore. Nasce così la
P-100 (conosciuta anche come Paloma), con motore tre cilindri di 1000 cc da 47 CV, montato posteriormente.
Rimase allo stadio di prototipo perchè probabilmente si volle evitare di unire due marchi con target molto diverso (popolare la Trabant, medio-alta la Wartburg).
1961 TRABANT P 100 (PALOMA)
1965 TRABANT P 602V
Nel 1965/66, la società con sede a Zwickau sviluppò, insieme con la Skoda che forniva il motore 4 cilindri di 1000 cc, il modello P-602 V.
Il cambiamento più evidente rispetto alla Trabant P-601 era il corpo compatto con un pratico portellone posteriore.
La linea era vagamente somigliante a certe Austin dello stesso periodo. Inoltre, l'interasse fu esteso di 280 mm e l'asse posteriore fu dotato di molle elicoidali.
Il motore sviluppava 30 CV ed il serbatoio, posizionato nella parte posteriore, aveva una capacità di 30 litri.
1965 TRABANT P 602V
1968 TRABANT P 603
Intorno alla metà degli anni '60 si cercò di attualizzare il concetto di "auto del popolo" studiando una evoluzione della P-601.
Il risultato fu un prototipo, la
P-603, equipaggiata addirittura con un motore Wankel monorotore da 500 cc che erogava una potenza di 55 CV.
Vennero studiate anche altre alternative con due o tre rotori e perfino una versione diesel, ma per i soliti problemi economici tutte questi prototipi non furono mai sviluppati.
1968 TRABANT P 603
1973 TRABANT P 760
Evoluzione del Progetto 603 è stata la
P-760. L'idea era quella di costruire una berlina media, frutto di una collaborazione tra Trabant, Wartburb e Skoda. Dopo averci lavorato per qualche anno il progetto fu abbandonato.
La particolarità di questo prototipo è che venne usato in seguito per gli studi della Skoda Favorit, poi prodotta nel 1987, mentre il modello corrispondente della Trabant non fu mai prodotto.
1973 TRABANT P 760
1978 TRABANT P 610
Nel 1978 l'ennesimo tentativo di rivitalizzare la ormai obsoleta P-601 sfocia nel prototipo
P-610, una due volumi con carrozzeria sempre in plastica.
Lo sviluppo della Trabant P-610 iniziò nel settembre 1973 e nel corso degli anni furono realizzati circa 20 prototipi completi e funzionanti in diverse varianti. Lo stesso modello venne sviluppato anche dalla Wartburg.Erano equipaggiati con motori a benzina a 4 tempi da 1100 cm³ e 1300 cm³ di provenienza Skoda.
Questo progetto fu congelato il 6 novembre 1979, quando il Partito vietò qualsiasi ulteriore sviluppo del prototipo P-610 ed anche l'introduzione di altri modelli per entrambi i marchi almeno fino 1985.
1978 TRABANT P 610
1982 TRABANT P 601 N WE II
Dopo il divieto da parte delle autorità di sviluppare auto in collaborazione con Eisenach e Skoda in Cecoslovacchia, nella fabbrica di Zwickau vi furono le dimissioni di parecchi ingegneri.
Tuttavia, alcuni studi e modelli funzionali continuarono ad essere prodotti, come questa
P 602 N WE II, costruita nel 1982.
Dodici anni di studi e sviluppi, ma la mancanza di interesse da parte del governo fecero diventare obsoleti questi progetti.
1982 TRABANT P 601 N WE II
1988 TRABANT 1.1 E
Poco prima della crisi irreversibile, che fece poi chiudere la fabbrica, probabilmente fra la fine degli anni '80 e l'inizio dei '90, venne realizzata la
1.1 E ennesima e decisamente poco riuscita ristilizzazione della obsoleta 1100, ma anche in questo caso, nonostante le modifiche fossere limitate a qualche pezzo di plastica della carrozzeria, la vettura rimase solo una semplice esercitazione stilistica.
1988 TRABANT 1.1 E
WARTBURG (DDR)
L' unica alternativa che i cittadini della Germania Orientale avevano per la propria mobilità privata, oltre alla Trabant, era la Wartburg.
Un'alternativa di lusso, perchè qui si parlava di berline di fascia medio-alta, con motori e prestazioni decisamente superiori, nonostante si usasse la stessa unità a due tempi, economica e facilmente gestibile.
Le carrozzerie avevano una linea decisamente più gradevole ed per certi versi in linea con certe realizzazioni dell'occidente (c'è da dire che la prima fabbrica della Wartburg derivava da un precedente impianto della BMW requisito dai russi dopo la seconda guerra mondiale).
1968 WARTBURG 355 COUPE'
Nel 1969 le piacevoli, ma costose beline tedesche devono essere rimpiazzate, per volere della direzione comunista, da un modello più economico, facile da costruire e soprattutto da gestire. Nasce così la 353, una tre volumi dalle linee piatte, decisamente meno gradevole della produzione precedente.
Tra le ipotesi di carrozzeria studiate per questa vettura ce n'era una che avrebbe meritato sicuramente miglior fortuna, la
355 Coupè, una due volumi con portellone, ben proporzionata e funzionale. Era prevista anche una carrozzeria in lamiera d'acciaio ed un motore di derivazione Renault.
Ma evidentemente dovette risultare troppo costosa e quindi rimase allo stadio di prototipo.
1968 WARTBURG 355 COUPE'
1978 WARTBURG 610-M/1
La berlina Wartburg 610 M/1, una tre volumi a 4 porte, fu presentata nel 1978 con l'intento di fornire un'anticipazione su quella che avrebbe potuto essere l'erede della 353W con cui venne condiviso il telaio.
La vettura, dalle linee piacevoli e moderne, nasceva da un progetto condiviso di Skoda, Trabant e Wartburg.
1976 WARTBURG 610-M/1
La grossa differenza rispetto alla 353, oltre alle linee più attuali, fu il motore, stavolta del tipo a quattro tempi, ma non progettato dal marchio tedesco. Si trattava infatti di un motore 1.3 di origine Renault, lo stesso che equipaggiava le Dacia 1300 (delle Renault 12 leggermente modificate).
Purtroppo, le autorità governative della DDR ordinarono di cessare l'acquisto di motori a 4 tempi con il pretesto che i costi per le forniture sarebbero stati troppo alti.
Pertanto la 610 M/1 rimase un esemplare unico e nel frattempo i pochi motori 1.3 già giunti ad Eisenach furono utilizzati per altri scopi.
1976 WARTBURG 610-M/1
IZH (RUSSIA)
La Izh (acronimo di Izhevsky Mekhanichesky Zavod, ossia Fabbrica Meccanica di Izhevsk), venne fondata nel 1807 e si occupava principalmente di armi e macchine industriali. Riguardo alle armi c'è da dire che questa fabbrica è tristemente nota perchè produttrice dei famigerati Kalashnikov ed in campo automobilistico non si è mai affermata per qualche modello particolare, limitandosi a produrre vecchie Moskvitch nei primi anni e poi modelli propri del tutto anonimi, oltre a prototipi che non hanno mai visto la luce della produzione.
1967 IZH VNIITE TE
Nel 1967, per conto della IZH, venne progettato dall'istituto russo di design "VNIITE" un prototipo denominato
TE, che nelle intenzioni doveva essere un'auto compatta ed economica, destinata all’uso personale.
Le linee a metà tra il coupè e la giardinetta ricordano il prototipo Dunja di Sessano degli stessi anni. La vettura era stata costruita sulla base della Moskvich 408. I pannelli laterali della carrozzeria erano in plastica.
L'auto aveva su entrambi i lati delle grandi porte scorrevoli. L'abitabilità interna era per cinque persone.
Nonostante il folto gruppo di designers, coinvolti nel progetto, tra cui V. Aryamov, lo studio della vettura fu interrotto.
1967 IZH VNIITE TE
1967 IZH 13 START
Intorno alla metà degli anni ’60 i leader sovietici coltivarono appassionatamente l'idea di fornire al popolo russo un’auto che finalmente motorizzasse il paese. Questo sogno si materializzò nella VAZ-2101, la mitica “Zhiguli”, una Fiat 124 prodotta su licenza.
In realtà sarebbe potuta essere diversa, molto più originale e prodotta in casa: la IZH-13 "Start", sviluppata dallo stabilimento di Izhevsk.
La IZH trovò ispirazione nella Renault 16, la berlina a trazione anteriore dalle linee originali, creata dai francesi nel 1965. Lo sviluppo della IZH-13 "Start" iniziò in Udmurtia nel 1968. Pur derivando dalla Moskvitch 408 l’auto venne dotata di un’insolita carrozzeria a cinque porte e anche di un design originale con tocchi di sportività.
Il cofano venne decorato con un‘enorme cupola in plastica nera. Inoltre, la IZH-13 era una trazione anteriore "rivoluzionaria" con il suo motore longitudinale. Ovviamente derivava dal Moskvitch originale, un 1500 cc ma con potenza aumentata fino a 95 CV.
Naturalmente, l'auto richiese molto lavoro di sviluppo e nonostante le sue carenze, si distingueva per il suo design molto moderno.
I leader della IZH cercarono in tutti i modi di convincere il Politburo dell'URSS dei vantaggi della trazione anteriore e della collaborazione con la Renault. Ma il regime aveva ormai puntato tutto sulla VAZ-2101 con trasmissione classica e bocciarono l’auto, dichiarando che era inappropriato lanciare in parallelo un'auto con una trazione sulla quale c’erano ancora molti dubbi.
1967 IZH 13 START
1975 IZH 19 START KOMBI
È consuetudine di noi occidentali criticare l'intera industria automobilistica sovietica. Eppure la maggior parte degli appassionati di automobili russe elogiano le loro VAZ, Moskvitch e Volga. Tuttavia, raramente ricordano la IZH, il parente povero. Eppure i giovani ingegneri della IZH volevano uscire dai noiosi percorsi dettati dall’immobilismo tecnico imperante nell’Unione Sovietica. Hanno creato auto dalle linee insolite, magari strane; hanno adottato soluzioni tecniche all’epoca considerate rivoluzionarie, come la trazione anteriore, le sospensioni indipendenti su entrambi gli assi o la selezione della trazione per il fuoristrada. Ma niente è mai stato accettato e le varie commissioni hanno sempre scelto progetti di altri marchi più in linea con le direttive di partito.
1975 IZH 19 START KOMBI
Molto prima della produzione della Oda, fu sviluppata la berlina IZH-19, una vettura che si distingueva per il suo design molto audace, con un accenno di linea a cuneo, le maniglie delle porte incassate, un'insolita calandra a punta con fari incassati, gli specchietti aerodinamici, un periscopio sul tetto e, naturalmente, la trazione anteriore. Certo, sotto il cofano c'era il solito motore della Moskvitch 412, ma non c'era altra scelta, però era stato reso più potente, perché la IZH-19 a differenza di tanti altri prototipi dell’epoca era perfettamente marciante. Naturalmente, le autorità respinsero il progetto.
Oggi la IZH-19 Start Kombi (questo il nome completo) del 1975 è la prima macchina che si incontra quando si entra nella sala espositiva del museo della IZHAvto. Se la vedessimo in strada oggi, probabilmente ci farebbe sorridere, senza sapere che era un prototipo sviluppato negli anni '70 e, a suo modo, rivoluzionario.
1975 IZH 19 START KOMBI
MOSKVICH (RUSSIA)
La Moskvich (che tradotto significa "moscovita") è la più antica fabbrica automobilistica russa ancora in attività.
Ha cominciato a produrre vetture nel 1930, specializzandosi nella costruzione di modelli di fascia medio-alta. Intorno agli anni '80 qualche vettura di questa marca si è vista circolare anche in Italia. Purtroppo il confronto impietoso con i corrispondenti modelli occidentali ha fatto si che le Moskvitch rimanessero confinate al di là della cortina di ferro. La Moskvitch realizzò sempre automobili molto popolari, non sempre notevoli, ma progettò anche prototipi decisamente interessanti, mai entrati in produzione per la mancanza di denaro e risorse.
1965 MOSKVICH VNIITE PT TAXI
Negli anni '60 usando il motore del modello "408" venne realizzato un prototipo di monovolume, soprattutto in vista di un utilizzo come taxi, perchè nell'ex Unione Sovietica i mezzi pubblici godevano di particolari attenzioni.
Il prototipo PT TAXI fu realizzato nel 1964-1965 dal VNIITE, un istituto di design russo.
Il quattro cilindri Moskvich era piazzato in posizione posteriore trasversale. L'auto aveva diverse soluzioni interessanti, come i sedili in un unico stampato di poliuretano ed il posto guida regolabile spostando longitudinalmente la pedaliera e non il sedile. La carrozzeria era in pannelli in materiale plastico, montati su di uno "space-frame" in acciaio: una vettura davvero moderna per i tempi.
1965 MOSKVICH VNIITE PT TAXI
1973 MOSKVICH 3-5-6
A partire dalla fine degli anni '60 ci furono svariati tentativi di modernizzare la berlina “412”. Le prime vetture della serie sperimentale 3-5 furono soltanto delle versioni "allungate" del modello di produzione, mentre con la Moskvitch 3-5-6 del 1973, si ebbe una decisa inversione di tendenza.
L'auto aveva una linea originale. Rispetto al modello 412, furono aumentate sia la lunghezza che l’interasse. In termini di dimensioni, la 3-5-6 avrebbe dovuto occupare una posizione intermedia tra la Zhiguli e le Volga. L'interno era completamente nuovo, dotato di un cruscotto finalmente dall'aspetto moderno. Meccanicamente era dotata del solito motore UZAM da 1800 cc, ma spremuto fino a fargli raggiungere la potenza di 103 CV. Nel caso fosse andata in produzione, la vettura avrebbe dovuto installare anche i motori da 1,6 e 1,7 litri già disponibili.
La Moskvitch 3-5-6 era la dimostrazione delle capacità di ingegneri e designers di creare qualcosa di nuovo, tuttavia l'approvazione per la produzione non arrivò mai. La Moskvich 412 non era ancora considerata obsoleta ed il lancio di una nuova auto era ritenuto inappropriato.
1973 MOSKVICH 3-5-6
1975 MOSKVICH SERIE C (C1 - C2 - C3)
La “Serie C” della Moskvitch è uno studio di prototipi costruiti nella seconda metà degli anni '70. Si differenziavano dagli altri progetti per le loro soluzioni, stilistiche e tecnologiche, molto innovative.
Resisi conto che la serie “3-5” non aveva più mercato, i progettisti disegnarono schizzi di varianti alternative. Partendo dal progetto Delta, eseguito dall'allora designer AZLK M.A. Elbaev, si arrivò a definirne le forme, con linea di tipo fastback, in un modello di plastilina.
Il modello fu ritenuto interessante e venne realizzato il primo prototipo della “serie C”: la
C-1, costruito nel febbraio 1975. Il modello fu mostrato alla dirigenza che lo riconobbe come interessante. Il primo modello era dipinto in un verde acido che gli valse il soprannome di “Coccodrillo Gena», come il famoso personaggio dei cartoni animati.
Una caratteristica di questo modello era il grande “bozzo” sul cofano, dovuto alla necessità di farci stare il motore UZAM-412 senza appesantire troppo la linea.
L'aspetto della C-1 era veramente nuovo: linee assolutamente moderne anche se un po’ “pesanti”, luci posteriori originali, maniglie delle porte "incassate" e all’interno finalmente una strumentazione più attuale con indicatori rotondi racchiusi in anelli cromati.
1975 MOSKVICH C-1
Nonostante La C-1 avesse un aspetto originale e tutto sommato ben proporzionato, i progettisti della Moskvitch considerarono il design troppo grezzo e si rimisero al lavoro.
A metà del 1976, era pronto un nuovo modello.
Il prototipo della
C-2 fu assemblato per bene e dipinto. Le linee dei finestrini laterali furono alleggerite con una presa d’aria sul montante posteriore.
Le insolite maniglie delle porte furono sostituite da altre più tradizionali ed sparì anche l’antiestetico rigonfiamento sul cofano, lasciando una superfice che scorreva uniformemente elevandosi verso il parabrezza.
Al suo posto fu messa una grande imbottitura dipinta di vernice nera opaca che venne descritta come “elemento di sicurezza passiva”.
Al fine di migliorare l'aerodinamica e l'attrattiva dell'aspetto, le spazzole dei tergicristalli furono nascoste sotto il bordo del cofano.
1976 MOSKVICH C-2
Il prototipo Moskvitch
C-3 venne creato alla AZLK alla fine del 1976. Questa macchina sviluppava le idee proposte dai prototipi C-1 e C-2 ed era considerata come una possibile sostituzione per la ormai obsoleta Moskvitch 412.
Il prototipo manteneva il classico layout della trazione posteriore, aveva sospensioni indipendenti su tutte le ruote e sotto il cofano montava un motore a benzina, appositamente preparato, con un volume di due litri.
La C-3 non si poteva definire una vera berlina, piuttosto una hatchback, anche se in realtà il lunotto posteriore non si alzava insieme al cofano del bagagliaio.
L'aspetto armonioso del prototipo fu completato con successo dalla vernice blu metallizzata e si ritiene che questo tipo di vernice sia stata utilizzata per la prima volta nell'industria automobilistica domestica proprio sulla C-3.
Il modello non fu prodotto, poiché il ministero dell'industria automobilistica decise che la nuova famiglia Moskvitch, denominata 2141, sarebbe stata creata sul modello di un’analoga vettura straniera, con il portellone e a trazione anteriore: la Simca 1308.
1976 MOSKVICH C-3
1985-1988 MOSKVICH 2144 ISTRA
Dopo la caduta del muro di Berlino, ma soprattutto con la globalizzazione industriale, progettisti, designers e ingegneri hanno potuto dare libero sfogo alle loro idee. Sono nati così progetti avveniristici come questa Moskvich
2144 Istra del 1991, dalle linee fluide, moderne e con una meccanica al livello delle concorrenti occidentali.
La carrozzeria era in alluminio e vantava un coefficiente di resistenza di 0,149.
La 2144 Istra era dotata di sospensioni pneumatiche ed altezza da terra regolabile elettronicamente, in funzione della velocità e del tipo di superficie stradale. L'unica porta sul lato, ad ala di gabbiano e consente simultaneamente l'accesso ad entrambe le file di sedili.
1985-1988 MOSKVICH 2144 ISTRA
1991 MOSKVICH 2139 ARBAT
Alla fine degli anni ottanta e gli inizi del 1990 le vetture di tipo monovolume si stavano affermando sul mercato grazie alla Renault Espace.
Anche la Moskvitch volle studiare un modello che seguiva le tendenze di quegli anni.
Il risultato fu il prototipo
2139 - Arbat, una monovolume a sette posti dalle linee tutto sommato piacevoli. Una particolarità del prototipo, a parte la portiera destra scorrevole erano i sedili che potevano essere girati di 180 gradi, proprio come sulle più blasonate vetture occidentali.
Inutile dire che nemmeno questo prototipo venne mai prodotto in serie.
1991 MOSKVICH 2139 ARBAT
1991 MOSKVITCH 2143 YAUZA
Dopo la caduta del muro di Berlino, ma soprattutto con la globalizzazione industriale, progettisti, designers ed ingegneri poterono dare libero sfogo alle loro idee. Una di questi studi rivoluzionari fu il progetto
2143 Yauza, la berlina che avrebbe dovuto sostituire la obsoleta 2141. Lo Yauza è un affluente del fiume Moskova.
L'auto fu costruita proprio sulla base della 2141-Aleko. Rispetto al modello precedente, il design della carrozzeria fu progettato con uno stile più moderno e con delle soluzioni piuttosto insolite. Il corpo aveva un profilo leggermente a cuneo, mentre la parte posteriore risultava molto alta e squadrata. Un’altra particolarità era data dalla finestratura laterale, suddivisa in due parti delle quali solo quella in basso poteva essere abbassata. Nuovo anche l’interno, con un moderno cruscotto, computer di bordo e sistema audio EPOS. Sotto il cofano fu installato un motore da 1.800 cc con 95 cavalli e trazione integrale.
Alcune fonti parlano di una produzione di tre prototipi AZLK-2143, ma in realtà solo uno fu interamente costruito. Lo stile dell’auto era controverso e questo creò due fazioni contrastanti all’interno della dirigenza. Alla fine, fu deciso che questo prototipo non avrebbe avuto futuro ed il nuovo direttore della AZLK ordinò l'abbandono del progetto.
A metà degli anni '90, il progetto fu ripreso dall'allora capo designer della AZLK Leo Samokhin. Questi creò diversi modellini di plastilina denominandoli Moskvich 2143, ma anche questo progetto fu respinto.
Moskvitch 2143 YAUZA - Render by Nail Khusnutdinov
FSO (POLONIA)
Dopo un inizio contrassegnato dalla rivisitazione di vecchie berline russe, denominate "Warszawa" (da Varsavia) che altro non erano che le vetuste "GAZ M-20 Pobjeda" e durato fino al 1968, la FSO (acronimo di Fabryka Samochodòw Osobowych) cominciò a produrre quella che per moltissimi anni è stata la sua auto più importante e che le ha dato una certa popolarità anche in occidente: la "Polsk-Fiat 125".
Derivata dalla omonima berlina Fiat, in realtà era molto diversa, sia negli allestimenti che nelle motorizzazioni, tutte improntate alla massima economizzazione.
1957 FSO WARSZAWA GHIA
Un tentativo di aggiornamento delle vetuste berline russe fu questo prototipo, la
Warzsawa Ghia del 1957, che a fronte di una meccanica ancora derivata dalle solite Gaz vantava una carrozzeria di stile occidentale, disegnata da Sergio Sartorelli della Ghia. Avrebbe dovuto sostituire la M-20, ma il progetto non è mai andato in produzione, principalmente per i costi di sviluppo molto elevati. Le auto (ne fu costruita anche una versione Kombi) furono inviate al Centro di Ricerca e Sviluppo situato vicino a Varsavia, dove, insieme a diversi altri prototipi polacchi sono state demolite negli anni 1976-1978.
La progettazione costò 62.000 dollari.
1957 FSO WARSZAWA GHIA
1960 FSO SYRENA SPORT
La FSO
Syrena Sport del 1960 era bella e moderna, ma non corrispondeva alla realtà del suo tempo. Era soprattutto il frutto di alcuni appassionati che avevano deciso di realizzare i loro sogni. Tra i numerosi prototipi polacchi del dopoguerra, è senza dubbio la più grande occasione mancata per portare la Polonia nell’olimpo dei grandi costruttori di auto sportive.
Nella seconda metà degli anni '50, alla FSO fu svolto molto lavoro per modernizzare le auto prodotte, sia in termini di design che di tecnologia di produzione. La genesi della Syrena Sport avviene però partendo dal motore, contrariamente alle normali procedure, come adattare nuove carrozzerie a meccaniche già esistenti.
Un gruppo di ingegneri realizza nel 1957 un nuovo motore, l’S16, un boxer bicilindrico raffreddato ad aria a quattro tempi, con una cilindrata di 700 cc, adatto all'installazione sia nella parte anteriore che in quella posteriore dell'auto. Insieme al nuovo motore, apparve anche un nuovo telaio autoportante in acciaio, con una sospensione posteriore modificata che utilizzava le barre di torsione.
Per creare un'auto completamente nuova, mancava solo una cosa: la carrozzeria.
1960 FSO SYRENA SPORT
La sua presentazione ufficiale avvenne alle celebrazioni del Primo Maggio del 1960.
Sulla fine della Syrena Sport sono circolate negli anni diverse leggende. La realtà invece è una ed è molto triste. Ne fu costruito un solo esemplare e durante i primi test si manifestarono parecchi problemi, inoltre, a causa del suo piccolo motore, la vettura aveva mostrato prestazioni insufficienti. Problemi risolvibili visto che era solo un primo prototipo.
Ma il problema grosso era un altro. L’auto stava attirando troppe attenzioni da parte della stampa, così intervenne addirittura il Segretario del Partito Comunista, Wladyslaw Gomulka, chiedendo che l’auto fosse “nascosta” nel miglior modo possibile.
Il perché è spiegato facilmente: il mercato interno stava aspettando qualcosa di completamente diverso. Aveva bisogno di un'auto economica, semplice, funzionale e accessibile a tutti, una sportiva elitaria non sarebbe stata ben vista dagli organi direttivi.
Nella primavera del 1979, per fare spazio in un deposito dell'ufficio di progettazione della FSO, la Syrena Sport fu distrutta insieme ad altri prototipi ritenuti inutili, tra cui la Warzsawa Ghia. La sportiva che forse avrebbe reso celebre la Polonia cessò di esistere, restando solo nella memoria di coloro che ebbero il coraggio di progettarla e costruirla.
1960 FSO SYRENA SPORT
1960 FSO SYRENA MICROBUS
Alla fine degli anni '50, il team di ingegneri della FSO ha lavorato su una Syrena rinnovata e migliorata. Nel 1960 venne svelato il Modello 101. Il progetto includeva anche due studi derivati, la Syrena Sport e il
Mikrobus.
Per quest'ultimo, il team di progettazione guidato da Cezary Nawrot (capo stilista), con Stanisław Łukaszewicz (ingegnere) e Wiktor Reek (modellatore) immaginarono un veicolo versatile, uno dei primi monovolume di oltre cortina, equipaggiato con il motore a due tempi S-15 da 27 CV. Con le sue due file di sedili pieghevoli, questo minibus a 7 posti avrebbe potuto essere facilmente convertito in ambulanza, taxi ed anche in un minivan.
Un prototipo funzionante fu testato nel 1961 sulla pista della fabbrica FSO, ma comunque non raggiunse mai la produzione.
1960 FSO SYRENA MICROBUS
1971 FSO 125P COUPE'
Alla fine di maggio del 1971, quando fu presentata per la prima volta ai giornalisti, la Polski Fiat
125P Coupé fu descritta come una proposta per un'ulteriore cooperazione con la Fiat. Il suo stile futuristico, audace e moderno, fu una vera sorpresa. Soprattutto quando si venne a sapere che questa coupé nacque sui tavoli da disegno della fabbrica della FSO.
Durante l'industrializzazione e il lancio della produzione della Fiat 125P, molti specialisti polacchi della FSO furono inviati in Italia per la formazione. Lì furono in grado di trarre ispirazione dai metodi italiani e al ritorno in patria fare proposte per razionalizzare la produzione dell’azienda. Nel 1969 la FSO ha cominciato ad implementare molte soluzioni per migliorare la produzione della 125P.
Questo scambio culturale portò anche nuovi stimoli che si tradussero in idee e progetti che non avevano mai sfiorato le menti degli ingegneri polacchi.
Tra questi, quello di una coupè sportiva proprio su base 125P. I lavori sulla 125P Coupé iniziarono nel 1970, in tempo per presentare il prototipo alla 41a Fiera di Poznan.
La realizzazione di questo prototipo aveva molteplici scopi, la possibilità di espandere la gamma della 125P, poteva servire come propaganda per il partito, dimostrare le capacità tecniche del nuovo Centro Stile, ma anche per invogliare i giovani designer polacchi di liberare la loro immaginazione creativa.
1971 FSO 125P COUPE'
Zbigniew Wattson fu il project manager per la 125P Coupé. La carrozzeria invece fu sviluppata da Stanislaw Lukaszewicz e Czeslaw Walker. Al fine di ridurre i costi ed abbreviare i tempi di costruzione, il prototipo fu realizzato in plastica e fu usata una piattaforma 125P non modificata, quindi il coupè mantenne intatte le misure della berlina.
Ciò che attirò maggiormente l'attenzione fu la sua linea atipica e audace, che faceva riferimento diretto alla scuola italiana, con uno stile che enfatizzava leggerezza e sportività con grandi superfici lisce, il montante B traforato, una linea di cofano bassa, una parte centrale più massiccia e la coda tronca.
Anche l'interno a quattro posti della coupé era completamente nuovo e progettato per seguire le ultime tendenze in termini di sicurezza e stile che sarebbero state applicate durante il decennio successivo. Sebbene l'auto avesse un motore di serie, alcune modifiche tra cui l'installazione di due carburatori le conferirono una potenza di circa 90 CV a 6500 giri/min.
La Coupé 125P con il senno di poi, offrì un certo numero di innovazioni a fronte però di numerosi problemi e “disattenzioni tecniche” come le balestre con gli attacchi a vista sul retro! Nonostante l'ufficio di progettazione della FSO avesse studiato anche una carrozzeria in metallo per minimizzare i costi, non ci fu speranza di vedere la 125P Coupè in produzione. La FSO si stava concentrando su altri modelli, compresa la produzione di auto da corsa per promuovere l’immagine del suo marchio Polski-Fiat.
1971 FSO 125P COUPE'
1974 FSO 1100 COUPE'
Probabilmente con l'aiuto della Fiat venne realizzata questa
1100 Coupè, che deve aver fatto sognare molto gli automobilisti polacchi.
Basata sul telaio della Zastava 1100 fu progettata, da Zdzislaw Wattson, per il 30° anniversario della Liberazione della Polonia. La linea richiama a tanti coupè sportivi di stile italiano, per esempio la Fiat X1/9 o la Beta Montecarlo, ed era qualcosa che usciva completamente dagli schemi stilistici polacchi dell'epoca. La fascia nera in gomma sulle fiancate, i fari a scomparsa, il tergicristallo unico, tutte novità su un'auto polacca.
I sogni rimasero tali ed il pubblico dell'Est dovette accontentarsi dalla 125-P ancora per molti anni.
1974 FSO 1100 COUPE'
1974 FSO 1100 COUPE'
FSM (POLONIA)
La FSM, (acronimo di Fabryka Samochodow Malolitrazowych), da non confondere con la FSO, era una casa automobilista che aveva sede a Bielsko Biala e che deve la sua popolarità alla versione (polacca) della Fiat 126 (soprannominata "Maluch", piccolo in polacco), declinata in tutte le possibili varianti, persino una sperimentazione con motore anteriore (!).
FSM 126 FURGONCINO
La Fiat 126 fabbricata in Polonia differiva da quella italiana soprattutto nella meccanica. Montava infatti un motore di 700 cc. raffreddato a liquido e coricato su di un fianco (il cosiddetto posizionamento "a sogliola"), in modo da consentire la realizzazione di un portabagagli suppur piccolo, con tanto di portellone.
Vennero studiate diverse soluzioni di carrozzeria per questa vettura, ma la maggior parte rimase allo stadio di prototipo, proprio come questa
126 Furgoncino, che montava un piccolo cassone (a causa degli ingombri del motore) sulla parte posteriore.
FSM 126 FURGONCINO
1978 FSM 126 NP
Sicuramente le evoluzioni più interessanti furono i prototipi della 126 NP a motore e trazione anteriore. Furono sviluppati in collaborazione con l'Accademia di Belle Arti di Cracovia.
Realizzata negli anni dal 1978 al 1981, montava lo stesso bicilindrico di 650 cc. della versione normale, ma sistemato anteriormente e ruotato di 180 gradi. La lunghezza del veicolo era aumentata di 19 cm. Posizionare il motore davanti non richiedeva solo modifiche meccaniche, ma cambiava anche nella stessa struttura della carrozzeria.
La trasmissione rimase quella di serie, ma si dovette invertire il differenziale, inoltre con il motore davanti si dovette modificare anche la sospensione anteriore, utilizzando il sistema McPherson.
Sarebbe interessante sapere come andava su strada, ma purtroppo le ingenti spese che avrebbero richiesto le modifiche al progetto originale fecero desistere la dirigenza dal continuarne lo sviluppo, così anche questa vettura non entrò mai in produzione.
Interessante la somiglianza con la prima serie della Panda a causa della piccola presa d'aria sul frontale ed i paraurti avvolgenti in plastica.
1978 FSM 126 NP
BOSMAL - FSM (POLONIA)
La Bosmal è un centro di ricerche molto attivo nel settore automobilistico polacco fin dal 1972. Ha iniziato come centro sviluppo della ex fabbrica della FSM a Bielsko-Biala. L'azienda è specializzata in attività di ricerca e sviluppo e di produzione per le imprese nazionali ed estere, principalmente nel settore automotive.
1983 BOSMAL BESKID 106L
Nata dalla collaborazione tra la Bosmal (che era un centro di ricerche polacco) e la FSM, la Beskid 106L avrebbe dovuto sostituire la FSM 126.
Il design della vettura era opera di Krzysztof Meissner, della "Warsaw Academy of Fine Arts" e numerosi test nella galleria del vento dimostrarono che la vettura aveva un ottimo coefficiente di penetrazione (0,29).
Il prototipo venne presentato nella primavera del 1983 ed il nome derivava da quello di una catena montuosa nei pressi della città di Bielsko-Biala, sede della Bosmal e della FSM.
La vettura poteva montare motori da 700 cc. a 1116 cc., tutti di derivazione Fiat, così come le altre parti meccaniche derivavano comunque dalla 126 polacca.
Lo sviluppo si interruppe nel 1987, forse per volere stesso della Fiat, interessata a promuovere la sua "Cinquecento", ma ciò non toglie che l'idea di questa vetturetta polacca era davvero interessante e sicuramente un suo ulteriore sviluppo avrebbe potuto farne davvero l'auto del popolo dei paesi della cortina di ferro.
1983 BOSMAL BESKID 106L