Nel 2013 la Chevrolet Corvette ha compiuto sessanta anni.
Nel 1953, al Motorama, una convention dove la General Motors presenta tutti i suoi modelli e le proposte del futuro, viene mostrata una concept car costruita in fibra di vetro, la EX-122, in seguito battezzata Corvette, sembra dal nome di un piccolo sottomarino canadese della seconda guerra mondiale.
Il suo creatore, Harley Earl, responsabile dello stile della General Motors, basandosi sul successo di pubblico ottenuto dalla vettura, convince i suoi dirigenti della bontà del progetto e riuscirà a mettere in produzione la Corvette in quello stesso anno.
In più di 60 anni la Chevrolet Corvette ha dato vita ad una miriade di concept cars, esperimenti ed esercizi di stile come nessuna altra vettura al mondo, senza contare le versioni speciali, le versioni da corsa e le varie elaborazioni esposte al SEMA .
In questo breve articolo cercherò di ripercorrere le date più importanti, mostrando i prototipi nati da questa vettura, gli esperimenti scartati e le interpretazioni più significative dei carrozzieri italiani.
Elaborazione testi e ricerca fotografica: Buonocunto Mario
Image Credit: General Motors Archive
1953 CHEVROLET EX-122
Al Motorama del 1953 viene presentato il progetto
EX-122 ed è da questa show-car, disegnata da Robert McLean e Maurice Olley, che parte l'idea, sotto la pesante influenza di Harley Earl, capo dello Stile GM, di una produzione in serie di questa vettura.
La EX-122 differisce dalla Corvette entrata in produzione nello stesso anno solo per pochissimi dettagli: la scritta Chevrolet accanto all'emblema sul cofano; le prese d'aria per l'aereazione dell'abitacolo sui passaruota; le serrature delle portiere; il fregio e la posizione della scritta Chevrolet sulle fiancate; le cromature del motore Blue Flame Special.
I primi tempi sono difficili, anche a causa di uno spompato V6, ma la decisione di mettere un V8 preparato dallo specialista Zora Arkus-Duntov porterà la Corvette sulla via del successo.
1953 CHEVROLET EX-122
1954 CHEVROLET CORVAIR FASTBACK
Al Motorama del 1954 la Corvette si presenta già in differenti versioni. Una di queste, la
Corvair Fastback, molto aerodinamica e dalla linea di ispirazione europea è destinata allo studio di una eventuale produzione in serie. Purtroppo non sarà mai prodotta.
La parola "Corvair" proviene dalla contrazione delle parole "Corvette" e "Bel-Air", nome che saà usato in seguito per un altro modello della produzione GM.
1954 CHEVROLET CORVAIR FASTBACK
1954 CHEVROLET CORVETTE NOMAD CONCEPT WAGON
La Chevrolet
Corvette Nomad Concept Wagon, progettata dal direttore del design GM Harley Earl, fu presentata al General Motors Motorama del 1954 a New York City. Il nome "Nomad" sarebbe poi stato utilizzato dalla Chevrolet per un altro veicolo di produzione.
Sebbene fosse molto simile ad una Corvette, ed infatti ne utilizzava molti componenti, la Nomad Concept Wagon era stata costruita sul telaio della berlina Chevrolet del 1953 opportunamente modificato.
1954 CHEVROLET CORVETTE NOMAD CONCEPT WAGON
1954 CHEVROLET CORVETTE EX-17179 (Convertible Coupè)
Nel 1954 venne presentata anche una versione "hard-top", con il nome in codice
EX-17179, per completare la gamma delle Corvette. Il modello, veramente affascinante, non verrà comunque prodotto.
1954 CHEVROLET CORVETTE EX-17179 (Convertible Coupè)
1955 CHEVROLET CORVETTE BISCAYNE SHOW CAR
Al Motorama del 1955 venne presentata la prima concept car costruita su base Corvette, la
Biscayne Show-Car.
La carrozzeria era costituita da un guscio in fibra di vetro in modo da essere leggera e comunque resistente agli urti.
Il nuovo disegno delle quattro porte non richiedeva montanti centrali.
Certo, non era bellissima e neanche molto originale, infatti il frontale ricordava molto una vettura di successo inglese, la Triumph TR2.
1955 CHEVROLET CORVETTE BISCAYNE SHOW CAR
1956 CHEVROLET IMPALA XP-101
Al Motorama del 1956 viene presentata una versione 5 posti, la
Impala XP-101, che in teoria sarebbe dovuta diventare la berlina della gamma Corvette.
Parallelamente viene presentata anche la nuova serie delle Corvette di produzione.
Caratteristiche sono le mezze pinne sopra i passaruota, un dettaglio che si ritroverà anche sul prototipo SR-2 e che a sua volta era già stato usato da Pininfarina per alcuni modelli Ferrari degli anni '50.
1956 CHEVROLET IMPALA XP-101
1956 CHEVROLET CORVETTE SR-2
La
SR-2 nasce dalla necessità di Zora Arkus-Duntov di sperimentare il motore V8 al posto del poco potente V6 e di un suo eventuale sviluppo per le corse.
L'acronimo SR-2 stava per "Sebring Racer". A partire da un telaio della Corvette, la SR-2 si differenziava per la pinna posteriore, due piccoli parabrezza da corsa, prese d'aria sulle fiancate e un frontale prolungato con due coni per le luci che le davano un aspetto aggressivo.
I prototipi SR-2 divennero in seguito di proprietà di alcune personalità importanti della General Motors, come il figlio di Harley Earl, il designer Bill Mitchell e quella personale di Harlow Curtice, il gran capo della General Motors.
1956 CHEVROLET CORVETTE SR-2
1957 CHEVROLET CORVETTE SS XP-64
Sempre sviluppata per le corse, seguendo il pensiero di Arkus-Duntov, viene presentata alla 12 Ore di Sebring del 1957, la
Corvette SS (Super Sport) o progetto
XP-64.
L'auto era stata costruita per una eventuale partecipazione a Le Mans, ma già nella corsa di Sebring furuno evidenziati alcuni problemi.
A causa di alcune restrizioni sul regolamento dell'AMA, che impediva di fatto alle case di partecipare in forma ufficiale, la SS non corse mai, ma fu relegata ai test su pista.
Sempre nel 1957 un'altra Super Sport faceva il giro dei saloni automobilistici. L'auto presentata era decisamente diversa dalla SS che aveva corso a Sebring, ma il numero di progetto era lo stesso. Si è avanzata l'ipotesi che ci fossero due team di ingegneri al lavoro su due macchine diverse, e magari nessuno dei due team sapeva dell'altro.
Nel 1959 la SS da corsa fu ristilizzata da Bill Mitchell che la trasformò nella Sting Ray Racer.
1957 CHEVROLET CORVETTE SS XP-64
1958 CHEVROLET CORVETTE XP-700
Versione molto futurista della Corvette che si caratterizzava per il frontale ovale ed il padiglione formato da una bolla di plexiglass.
La XP-700, progettata e costruita sotto la guida di Bill Mitchell, utilizzava telaio, motore e componenti della Corvette di produzione.
Guardando la parte posteriore si può notare come il suo design sia stato poi utilizzato per la Corvette del 1961. I doppi fari, il trattamento dei parafanghi, i rivestimenti interni, sono le caratteristiche che si ritroveranno su molte Corvette degli anni a seguire.
Nel mese di ottobre del 1959 Harley Earl ha ordinato di installare un tetto di plexiglas. La macchina aggiornata è stata poi presentata al pubblico all'Auto Show di New York del 1960.
1958 CHEVROLET CORVETTE XP-700
1959 CHEVROLET CORVETTE XP-87 STING RAY RACER
Nel 1959 a capo dello Stile General Motors c'è Bill Mitchell, che ha sostituito Harley Earl.
Per aggirare le regole dell'AMA, Mitchell, che crede sempre di più nelle corse come veicolo promozionale, compra un telaio della SS per costruire una versione da competizione della Corvette e incarica un giovane designer di talento, Larry Shinoda, di riportare su carta le sue idee.
I due si ispirano all'universo acquatico e concepiscono una vettura dalla linea filante che affascinerà il pubblico ed otterrà molti successi nel campionato della sua categoria: Era nata la
Sting Ray Racer.
Dopo la vittoria nel SCCA CHampionship del 1960, Bill Mitchell modificherà la Sting Ray Racer aggiungendo un sedile per il passeggero e l'auto verrà esibita come show-car ai saloni internazionali.
1959 CHEVROLET CORVETTE XP-87 STING RAY RACER
1960 CHEVROLET CERV I
Nel 1960 viene presentata la
CERV I, (Chevrolet Engineering Research Vehicle), il primo di quattro veicoli sperimentali ad alte prestazioni prodotti dalla Chevrolet in un periodo di 35 anni. La CERV I è una versione monoposto da competizione su base Corvette.
Come sempre è opera del geniale Zora Arkus-Duntov. Viene presentata al pubblico per la prima volta sul circuito di Riverside.
Originariamente, la CERV I era equipaggiata da un motore V8 "small block" che sviluppava 350 cv. a fronte di un peso di soli 157 chilogrammi. Questa leggerezza era dovuta all'uso di alluminio e magnesio nella costruzione del basamento e dei componenti.
Per contenere ancora di più il peso, il designer Larry Shinoda, costruì una carrozzeria in fibra di vetro con rinforzi in plastica del peso di soli 36 kg. La carrozzeria era attaccata ad un telaio in tubi di soli 75 kg.
1960 CHEVROLET CERV I
1960 CHEVROLET CORVETTE XP-720 (C2)
Nella seconda parte del 1959, alla GM Styling si inziò a lavorare sul progetto XP-720, per la definizione della nuova serie Corvette basata sulla Sting Ray Racer di Bill Mitchell.
Sarebbe diventata nota come C2 (Corvette seconda serie). Nel mese di ottobre dello stesso anno, un mock-up di argilla del progetto XP-720 fu stato completato e messo in mostra per la visualizzazione da parte della dirigenza General Motors.
Nell'aprile del 1960, Larry Shinoda completa un secondo modello full-size in creta. Questo modello fu scelto dalla dirigenza per la nuova Corvette di produzione.
1960 CHEVROLET CORVETTE XP-720 (C2)
1961 CHEVROLET CORVETTE XP-755 SHARK
Nel giugno del 1961, sul circuito di Elkhart Lake, viene presentata al pubblico la sfavillante
Shark (progetto XP-755).
L'ispirazione al mondo marino è molto evidente, infatti la linea ricorda il profilo di uno squalo (da qui il nome...).
Con Mitchell sul ponte di comando e Shinoda al design questa concept car, basata su telaio della Corvette del 1961, si ispira in parte alla Sting Ray e in parte alla XP-720 e prefigura quella che sarà la Corvette di serie del 1963.
Alla presentazione della Mako Shark II del 1965, questa vettura sarà ribattezzata - Mako Shark I -, mentre nel 1969 sarà restaurata e dotata di un nuovo interno blu scuro, di un motore 7 litri e perderà il padiglione trasparente.
1961 CHEVROLET CORVETTE XP-755 SHARK
1961 CHEVROLET CORVETTE XP-796 2+2
Sempre nel 1961 verrà presentata una versione 4 posti della Sting Ray, che prefigura anche il modello di serie del 1963. Nome del progetto
XP-796.
La leggenda narra che il presidente della General Motors dell'epoca si sia seduto sui sedili posteriori senza riuscire più a scendere se non dopo lo smontaggio dei sedili anteriori.
Non meraviglia che questa versione sia stata bocciata dai vertici della casa automobilistica americana.
1961 CHEVROLET CORVETTE XP-796 2+2
1963 CHEVROLET WEDGE CORVETTE
Verso la fine del 1963 un team dello Styling GM sotto la direzione di Henry Haga realizzò questa proposta per una futura Corvette. Linee molto sofisticate, inclusi i tubi di scarico laterali con il finale quadrato.
Il progetto aveva anche porte che si aprivano ad ala di gabbiano incernierate al montante centrale del parabrezza.
1963 CHEVROLET WEDGE CORVETTE
1963 PININFARINA CORVETTE RONDINE
Nel 1963 veniva presentata la Corvette di seconda generazione, la C2, con le sue forme scolpite ed il controverso lunotto posteriore sdoppiato, opera del designer Larry Shinoda e del team del GM Design. Nonostante il successo ricevuto Bill Mitchell, capo del Design GM, si era già messo all’opera per cercare nuove “espressioni” per la Corvette. Per avere un modello di confronto inviò dei telai alla Pininfarina chiedendo di provare a dare una nuova immagine alla sua creatura.
La Corvette Rondine fu il risultato di quella ricerca. Disegnata da Tom Tjaarda, che all’epoca lavorava per Pininfarina, la Rondine fu costruita su un telaio e con un motore Corvette originale ed un interno leggermente modificato. La grande differenza era nella carrozzeria, che non era solo unica nel suo stile, ma era anche costruita in acciaio, a differenza della fibra di vetro dell’originale.
Furono realizzate due versioni dell’auto, una prevedeva il lunotto in plexiglass che si raccordava al cofano posteriore ed è l’unica che è sopravvissuta, mentre l’altra aveva il lunotto a filo con il montante B.
La Rondine sfoggiava una linea molto elegante.
1963 PININFARINA CORVETTE RONDINE
Lo stile della carrozzeria si basava sull'idea di massima semplicità e funzionalità e presentava un profilo eccezionale grazie alla leggerezza delle sue sezioni. L'uso limitato del cromo sottolineava la sobria eleganza del design e l'armonia dell'insieme.
La parte anteriore, progettata per ottenere una migliore penetrazione nell'aria, si inclinava in avanti seguendo una curva regolare. Nella parte centrale del muso era prevista un'apertura, che fungeva da presa d'aria, decorata da una sottile griglia a barre orizzontali cromate. I doppi proiettori anteriori fissi dotati di schermatura rimovibile incorporata nella carrozzeria, garantivano una perfetta continuità delle linee nella parte anteriore ed un'eccellente visibilità notturna.
Il paraurti anteriore, realizzato in acciaio cromato con sezione estremamente sottile, era costituito da due elementi appositamente progettati, che delimitavano la griglia del radiatore su entrambi i lati. Il pannello laterale presentava un angolo acuto proveniente dalla griglia del radiatore, che correva lungo il parafango anteriore, la fiancata ed infine si staccava nella cresta del parafango posteriore, conferendo alla vettura un aspetto particolarmente slanciato. La parte posteriore presentava una nuova ed interessante disposizione a "coda di rondine".
Alcuni spunti derivati dalla Rondine li ritroveremo anche sulla Fiat 124 Spider, mentre il trattamento formale della coda fu utilizzato su un'altra realizzazione di Pininfarina, la Ferrari 365 Spyder California, entrambe opera dello stesso Tjaarda.
La Rondine fece il suo debutto al Motor Show di Parigi del 1963. Fu ben accolta dal pubblico europeo, ed anche i dirigenti GM furono felici. Zora Arkus-Duntov, l'ingegnere a capo del programma Corvette, affermò che "per la prima volta ho una Corvette che posso essere orgoglioso di guidare in Europa".
Ma il pubblico americano invece fu abbastanza tiepido nei confronti della Rondine. Era troppo europea, forse aveva un po' troppa “grazia femminile”. Se la Corvette Stingray dava l’impressione di essere un guerriero, la Rondine sembrava una ballerina: grazia e stile, ma non abbastanza muscoli. E poi il nome, “Rondine”, non era il tipo di nome che si poteva dare ad un'auto sportiva americana. Indipendentemente dalla forma della coda.
1963 PININFARINA CORVETTE RONDINE
1964 CHEVROLET GRAND SPORT II
Dopo che l'AMA aveva vietato i coinvolgimenti diretti delle case automobilistiche nelle gare sport, la Chevrolet si è limitata a fornire progettazione e ricerca ai team privati.
La Corvette Grand Sport II nasce per aggirare questa regola e continuare a poter sviluppare le auto usando le competizioni.
Anche se è marchiata come Corvette, la GS II è in realtà uno sviluppo del prototipo Corvair Monza GT, chiamato Corvette probabilmente per motivi burocratici.
La Chaparral di Jim Hall ha avuto un ruolo determinante nello sviluppo di questa auto potendola portare in pista, ma ha tratto anche beneficio di poter avere una grande casa come supporto, infatti la Chaparral 2C, che guarda caso somiglia alla GS II, in quegli anni vinse decine di corse.
1964 CHEVROLET GRAND SPORT II
1964 CHEVROLET CHEVROLET CERV II
La
CERV II è stata concepita all'inizio del 1962 e sviluppata nel corso dei due anni successivi, dopo che il programma GS II era stato abbandonato. A differenza della GS II, che era lo studio di Frank Winchell, la CERV II era tutta di Zora Arkus-Duntov.
Arkus-Duntov aveva in mente di sviluppare una linea di auto da competizione separata dalle Corvette da corsa, ma l'idea non entusiasmò i vertici della General Motors.
Il design della CERV II venne realizzato da Larry Shinoda e Tom Lapine.
Per ottenere prestazioni più elevate questa vettura era dotata di un telaio monoscocca e di un motore V8 realizzato in alluminio da 6,1 litri con singolo albero a camme in testa. Il motore raggiungeva una potenza di 500 cv.
Nei test raggiunse la velocità di 337 km/h e accelerava da 0 a 100 km/h in un tempo compreso tra i 2,8 e i 3 secondi. Nel 1970 la CERV II venne dotata del motore ZL-1.
1964 CHEVROLET CHEVROLET CERV II
1964 CHEVROLET CORVETTE XP-819 (Motore Posteriore)
Nel 1964 Frank Winchell, ingegnere della Chevrolet, mise mano alla costruzione di una versione a motore posteriore della Corvette destinata alle corse su pista, la
XP-819.
La carrozzeria è stata progettata da Larry Shinoda. Si possono notare diversi spunti stilistici che in seguito sono apparsi nella famosa "Sting Ray", sempre disegnata da Shinoda.
La XP-819 sarà un insuccesso totale, tuttavia l'esperimento verrà riproposto ancora nel corso degli anni. Il prototipo di Winchell verrà provato fino al 1966.
1964 CHEVROLET CORVETTE XP-819 (Motore Posteriore)
1965 CHEVROLET CORVETTE MAKO SHARK II (XP-830)
Aprile 1965, Salone Internazionale di New York: La
Mako Shark II viene presentata al pubblico.
La prima conseguenza sarà la rinominazione della Shark del 1961 in Mako Shark I, la seconda sarà direttamente visibile sulla versione 1968 della Corvette di serie che erediterà numerosi particolari da questa show-car.
La Mako Shark II è stata studiata e realizzata dall'ormai collaudato due Mitchell - Shinoda.
C'è sempre una certa confusione riguardo la Mako Shark II. Ci sono state, infatti, due versioni principali della Mako Shark II e quindi la versione Manta Ray.
In totale tre versioni, con l'aggiunta di un bel paio di riverniciature e piccole modifiche nel corso degli anni.
1965 CHEVROLET CORVETTE MAKO SHARK II - BILL MITCHELL
1966 CHEVROLET CORVETTE MID ENGINE (Proposta di stile a motore centrale)
Nel 1966 ci fu un'altra proposta di stile per "vestire" la Corvette a motore centrale. Le linee erano decisamente più audaci rispetto alla versione precedente. L'auto non aveva lunotto e la visione posteriore era affidata solo ad un periscopio.
La vettura aveva prese d'aria particolari sulle fiancate ed un parabrezza che si alzava con le porte ad ala di gabbiano.
Alla fine, la proposta venne scartata, ma alcuni particolari si sarebbero ritrovati sulla XP-880, meglio nota come "Astro II".
1966 CHEVROLET CORVETTE MID ENGINE (Proposta di stile a motore centrale)
1967 CHEVROLET CORVETTE ASTRO I (XP-842)
La Chevrolet
Astro I (XP-842) fu progettata da Larry Shinoda, che era anche stato responsabile per la Corvette Mako Shark e della famosa finestra divisa della Corvette C2. La concept car fu presentata all'Autoshow di New York nel 1967.
La Astro I fu concepita come un esperimento per produrre un coefficiente di resistenza molto basso, che venne raggiunto disegnando una linea del tetto molto bassa, un’area frontale ridotta ed una coda relativamente alta.
Per sfruttare al meglio l’area posteriore della coda si ritenne opportuno usare il 6 cilindri della Chevrolet Corvair, un’auto in produzione già dal 1961. Il motore venne opportunamente rivisto e con alcune modifiche alla fine erogava ben 240 CV ad un regime di 7200 RPM.
1967 CHEVROLET CORVETTE ASTRO I (XP-842)
La carrozzeria era costruito in fibra di vetro ed una interessante caratteristica era l’accesso ai sedili, che avveniva sollevando completamente il tetto in una specie di sistema a conchiglia.
Un complicato sistema di specchi, unito ad una specie di “periscopio” sul tetto compensava la mancanza di un vetro posteriore fornendo la necessaria visibilità.
1967 CHEVROLET CORVETTE ASTRO I (XP-842)
1968 CHEVROLET CORVETTE ASTRO II (XP-880)
Zora Arkus-Duntov, il padre della Corvette, era convinto che il motore centrale fosse l'unico modo per la Corvette di competere efficacemente nello stile, nell'immagine e nelle prestazioni contro le migliori auto sportive europee. Negli anni '60 ed all'inizio degli anni '70 fece progettare e costruire dal suo team diversi prototipi a motore centrale. E per anni ha fatto pressioni sulla direzione di Chevrolet e GM per portare in produzione una Corvette a motore centrale.
Questa idea del motore centrale fu mostrata per la prima volta pubblicamente con la concept
Astro II, originariamente soprannominata XP-880, che fece il suo debutto pubblico nell'aprile 1968 al Salone di New York. La vettura si presentava come una pratica auto sportiva progettata per trasportare due passeggeri ed il loro bagaglio comodamente e rapidamente.
1968 CHEVROLET CORVETTE ASTRO II (XP-880)
Stilisticamente era molto più razionale rispetto alla Astro I (che somigliava più ad una astronave aliena…), era dotata di porte normali per accedere all’abitacolo ed era stato montato un poderoso V8 da 390 cavalli.
Questa “normalità” diede vita a numerose speculazioni sulla possibilità di produrre una Corvette a motore centrale ed anche l'ingegnere capo Zora Arkus-Duntov ed il capo dello styling di GM Bill Mitchell sperarono che la Astro II sarebbe stata la base per la prossima generazione di Corvette. Purtroppo la direzione di GM pensò che il pubblico non fosse pronto per un'auto a motore centrale e che, comunque, riusciva a vendere tutte le Corvette che produceva, quindi non c’era necessità di cambiare.
1968 CHEVROLET CORVETTE ASTRO II (XP-880)
1968 CHEVROLET ASTROVETTE
La Chevrolet
AstroVette è stato uno studio aerodinamico per studiare forme aerodinamiche per la Corvette.
Le caratteristiche evidenti erano il lungo cofano, il parabrezza tipo roadster, la carenatura delle ruote posteriori e la coda molto rastremata.
La calandra, con la presa d'aria, è ridotta al minimo, il lungo cofano non ha rigonfiamento, indicando che il motore doveva essere molto piccolo.
1968 CHEVROLET ASTROVETTE
1969 CHEVROLET CORVETTE MANTA RAY
"Fare del nuovo utilizzando il vecchio".
Un motto che alla General Motors era molto in voga. Infatti il prototipo
Manta Ray non è altro che una Mako Shark II ristilizzata e rinominata.
Dopo essere servita al suo scopo, la Mako Shark II sarebbe dovuta finire in un museo, ma alla GM volevano dimostrare di poter cambiare "volto" alle loro auto, così nel 1969 la Mako Shark II venne restituita agli studi di design e venne trasformata in Manta Ray.
Venne aggiunto uno spoiler anteriore, la calandra aveva un po' più di protezione, ed i tubi di scarico esterni vennero riprogettati per essere più rotondi e più convenzionali rispetto a prima. Gli stemmi di lato vennero cambiati e lo squalo divenne una manta stilizzata.
1969 CHEVROLET CORVETTE MANTA RAY
1969 CHEVROLET ASTRO III
La
Astro III è il terzo della serie di prototipi Astro.
Il propulsore della Astro III un modello di motore a turbina a gas prodotto dalla divisione Allison appartenente alla General Motors. Questo motore era stato scelto per la sua potenza e la sua leggerezza. Pesava solo 139 chili e erogava 317 cavalli di potenza netta.
Negli anni sono state prodotte molte automobili a tre ruote, ma nessuna di loro è mai stata del tutto stabile e sicura. La chiave per una buona stabilità del veicolo a tre ruote è il posizionamento del centro di gravità.
Poiché la distanza tra i pneumatici si riduce, la stessa resistenza al ribaltamento può essere mantenuta abbassando il centro di gravità attraverso la progettazione e il giusto posizionamento delle componenti.
Queste due condizioni tecnologiche di efficienza aerodinamica e stabilità dinamica erano necessarie, e solo dopo si è potuto procedere con la costruzione della Astro III.
1969 CHEVROLET ASTRO III
1969 CHEVROLET CORVETTE XP-882 (Mid Engine)
Il prototipo sperimentale
XP-882 sembrava proprio pronto per la produzione, alimentando così la speranza di quelli che volevano una Corvette a motore centrale.
Il progetto era segreto, ma fu svelato per controbattere l'annuncio della Ford che aveva messo in vendita la De Tomaso Pantera.
La GM costruì due telai della XP-882 per le prove comparative.
Zora Arkus-Duntov aveva risolto i problemi al cambio che avevano avuto gli altri prototipi, ma la soluzione trovata era molto costosa e probabilmente questo fece desistere la General Motors dal produrla.
1969 CHEVROLET CORVETTE XP-882 (Mid Engine)
1972 CHEVROLET CORVETTE XP-897 GT TWO ROTOR
Altro studio sul tema Wankel fu la
XP-897 GT Two Rotor, disegnata da Clare MacKichan sotto la supervisione di Bill Mitchell.
Progettata dallo Studio Sperimentale della GM e costruita in soli 6 mesi da Pininfarina, la Two-Rotor ha fatto il suo debutto al Salone di Francoforte 1973.
Secondo alcuni questo prototipo, aldilà del motore Wankel, prefigurava la futura serie di Corvette.
1972 CHEVROLET CORVETTE XP-897 GT TWO ROTOR
1972 CHEVROLET CORVETTE REYNOLDS XP-895
Nel 1973 venne presentata una versione ristilizzata della XP-882.
Disegnata dallo staff di Charles M. Jordan e William L. Mitchell, la
XP-895 montava due motori a due rotori uniti in un unico propulsore.
Nel marzo del 1972 la Reynolds Metals Company, sotto contratto con la Chevrolet, inizia la costruzione di una seconda carrozzeria del prototipo XP-895 Corvette, in alluminio anzichè in acciaio.
Nel giugno dello stesso anno, la versione in alluminio venne motorizzata con V8 montato centralmente.
1972 CHEVROLET CORVETTE REYNOLDS XP-895
1973 CHEVROLET CORVETTE XP-882 FOUR ROTOR
La stessa XP-882 che era stata svelata a New York nel 1970 è stata la base per questo altro prototipo motorizzato Wankel.
Disegnata da Henry Haga sotto la direzione di Bill Mitchell, l'auto venne dotata del Wankel a quattro rotori (lo stesso della XP-895) che erogava ben 420 cv.
La linea è molto in stile Corvette e questo fece pensare che la General Motors stava preparando un cambiamento radicale per la Corvette dei primi anni ottanta.
1973 CHEVROLET CORVETTE XP-882 FOUR ROTOR
1973 CHEVROLET CORVETTE XP-898
Sempre del 1973 è lo studio
XP-898, con carrozzeria in fibra di vetro.
La sua "mission" era quella di testare la fattibilità di una nuova costruzione a "sandwich", la carrozzeria in vetroresina con un riempitivo di "schiuma" che poteva essere variato di spessore per fornire la resistenza desiderata in aree specifiche.
Il progetto mostra significative indicazioni sulla futura Corvette C4 che apparirà solo 10 anni più tardi. Un buon esempio di lungimiranza stilistica.
1973 CHEVROLET CORVETTE XP-898
1984 BERTONE CHEVROLET RAMARRO
Una delle aspirazioni più stimolanti di Nuccio Berone è sempre stata quella di approdare negli Stati Uniti. Già nel 1963 si cimenta con successo con la meccanica dell'allora nuovissima Chevrolet Corvair, realizzando la Testudo, un rivoluzionario coupé che lo pone all'attenzione dei grandi media internazionali e dei maggiori costruttori americani.
Venti anni più tardi, Bertone esplora le possibilità di un approccio al mercato Usa creando la Ramarro, laboratorio di sperimentazione tecnologica applicata a una meccanica di grande serie. Il prototipo viene realizzato, appunto, sul telaio dell'ormai celebre Chevrolet Corvette.
1984 BERTONE CHEVROLET RAMARRO - Photo Credit: ArchivioPrototipi.it
La concept punta a una diversa disposizione di alcuni organi meccanici, nell'intento di valorizzare al massimo l'aspetto formale. Il radiatore e il condizionatore vengono spostati nella parte posteriore del veicolo, le porte ad apertura scorrevole traslate anteriormente.
Per finire con il padiglione a vetratura totale, ultimo accorgimento progettuale attraverso il quale si è voluto armonizzare una dichiarata funzione estetica con l'applicazione di tecnologie altamente sofisticate. Più corta di 33 cm rispetto alla Corvette di serie, la Ramarro appare a tutti un esempio di design industriale di rara bellezza.
Viene presentata ufficialmente a Los Angeles poco prima delle Olimpiadi e inviata poi in "tournée" presso tutti i Saloni dell'Auto del mondo.
Un anno più tardi, la Ramarro viene insignita del Car Design Award da una giuria composta dalle più qualificate riviste specializzate europee e americane. Il riconoscimento avviene "per le idee coraggiose, integrate in uno studio di immagine capace di infondere una personalità nuova alla Chevrolet Corvette".
1984 BERTONE CHEVROLET RAMARRO - Photo Credit: ArchivioPrototipi.it
1986 CHEVROLET CORVETTE INDY
Dopo l'introduzione della quarta generazione della Corvette, è stato creato un prototipo, presentato nel 1986, per mostrare una possibile quinta generazione Corvette.
E' stata chiamata
Corvette Indy e lo stile si ispira al tema "Bio Design", molto in voga in quegli anni, niente angoli e niente spigoli vivi.
Il primo prototipo realizzato era di color argento, un semplice mock-up non funzionante che ipotizzava una configurazione a motore centrale tanto cara a Zora Arkus-Duntov.
Sono seguiti poi altri due prototipi perfettamente funzionanti (uno rosso ed uno bianco) che a loro volta daranno vita più avanti alla CERV III.
La Indy montava un motore V8 da 2,6 litri, progettato dalla Lotus Engineering, con una potenza stimata di 600 cv.
1986 CHEVROLET CORVETTE INDY
1988 ASC CHEVROLET CORVETTE GENEVE
Costriuta in collaborazione con la ASC, la
Geneve risulta essere un mix tra il prototipo Indy e la Corvette di quarta generazione uscita nel 1984.
Durante gli anni '80 non ci sono state molte concept cars su base Corvette, progettisti e ingegneri erano più impegnati sul fronte sicurezza ed emissioni per inventarsi nuove show cars. Solo quando le vendite sono cominciate a calare, nelle stanze del design della Chevrolet si è cominciato a pensare a qualcosa da esibire per stimolare il mercato.
La show car "Geneve" è stata una delle poche idee che hanno ottenuto una visibilità pubblica. L'auto non ha mai raggiunto la produzione, probabilmente per un veto proprio della General Motors.
1988 ASC CHEVROLET CORVETTE GENEVE
1990 CHEVROLET CERV III
Nel gennaio del 1990 la
CERV III debutta al Salone di Detroit.
E' una evoluzione del prototipo Indy, nonchè l'ennesimo tentativo di posizionare il motore, un V8 da 5700 cc a 32 valvole, in posizione centrale.
La CERV III era dotata della trazione integrale, delle quattro ruote sterzanti e della strumentazione a schermi CRT. Sul motore, che aveva subito alcune modifiche interne, era stato montato un sistema di sovralimentazione con doppia turbina. Con queste modifiche il propulsore garantiva 655 hp spingendo la CERV III a 362 km/h.
Altre caratteristiche di questa automobile erano il sistema di sospensioni attive controllate dal computer, controllo elettronico della trazione, ABS e trasmissione automatica a sei rapporti. Un vero campionario di tecnologia. Il corpo vettura era stato disegnato da Jerry Palmer, capo disegnatore della Chevrolet ed era realizzato in carbonio rivestito di fibra di vetro.
1990 CHEVROLET CERV III
1990 BERTONE CORVETTE NIVOLA
Nel 1990 Bertone riutilizza un telaio Corvette per una sua creazione, è la
Nivola.
Dotata del motore della ZR1 sistemato in posizione centrale, rendendo così omaggio all'architettura voluta, ma mai ottenuta, da Zora Arkus-Duntov, la vettura si presenta come un coupè molto aggressivo a due posti che può trasformarsi in spider asportando il tettuccio rigido.
La vettura servirà come vetrina per mostrare le potenzialità della carrozzeria italiana.
"Nivola" era il soprannome di Tazio Nuvolari, uno dei più grandi piliti da corsa italiani.
1990 BERTONE CORVETTE NIVOLA
1992 CHEVROLET CORVETTE STINGRAY III
Chuck Jordan, quarto capo del design della General Motors, nel 1992 volle dare una sua interpretazione della mitica Corvette, nacque così la
Stingray III.
Realizzata dall'ACC, il reparto di stile avanzato della GM diretto da John Schinella, questo prototipo si fa notare per le linee tese e sagomate, che ne esaltano la dinamicità.
Monta il motore in posizione anteriore e di colpo fa invecchiare la versione all'epoca in vendita della Corvette, la C4, che invece doveva andare avanti ancora per alcuni anni.
1992 CHEVROLET CORVETTE STINGRAY III
2003 ITALDESIGN CORVETTE MORAY
La
Moray, murena in inglese, è l'omaggio che Giorgetto e Fabrizio Giugiaro hanno voluto dedicare ai cinquant'anni della Chevrolet Corvette, vera icona della vettura sportiva americana.
Realizzata su telaio e meccanica Corvette, questa ricerca per una vettura sportiva estrema ma elegante, si annuncia con un profilo puro, disegnato dai flussi marini e caratterizzato da lunghi fari anteriori affusolati, che hanno suggerito il nome.
La semicupola di cristallo delle porte - che è insieme vetro laterale e tetto - si apre ad ala di gabbiano ed è incernierata sul montante posteriore, così da favorire l'accesso all'abitacolo. Facilmente asportabili, queste ali delle porte permettono di trasformare agevolmente la Moray da coupè caratterizzato da un padiglione in un'unica cupola di cristallo, in una quasi roadster.
La sensazione di guidare all'aperto è amplificata dall'eliminazione del montante porta B, sostituito da una struttura ad arco centrale in acciaio su cui sono incernierate le due ali.
La Moray, è dotata di un possente motore Chevrolet Corvette V8 di 6 litri montato anteriormente in posizione longitudinale, che sviluppa oltre 400 cv.
2003 ITALDESIGN CORVETTE MORAY
2009 CHEVROLET CORVETTE STINGRAY
La concept car si chiama ufficialmente "Corvette Stingray Concept 50° Anniversary" ed è stata creata per onorare il modello Stingray disegnato da Bill Mitchell nel 1957 e che ha debuttato al Maryland Marlboro Raceway il 18 aprile del 1959.
La
Corvette Stingray Concept è stata sviluppata come una sfida di design, cioè combinare i classici spunti Corvette con caratteristiche high-tech, materiali moderni ed un nuovo sorprendente aspetto.
Una sfida di progettazione interna, che potrebbe generare la nuova versione della Corvette andando a sostituire la C7.
Intanto la vettura è stata protagonista nel film "Transformers: Revenge of the Fallen".
2009 CHEVROLET CORVETTE STINGRAY