Nel 1978 l’amministratore delegato della FIAT, contattò l’architetto Renzo Piano e l’ingegnere Peter Rice incaricandoli di studiare un prototipo di autovettura che rinnovasse le tecniche produttive aziendali per i successivi decenni. Doveva essere un’automobile innovativa, che potesse utilizzare i nuovi materiali e le tecniche di assemblaggio più avanzate. L’obiettivo era la riduzione del peso del veicolo di almeno il 20%.
La scelta di affidare l’incarico ad un architetto ed un ingegnere privi di una specifica competenza in campo automobilistico fu motivata dall’esigenza di avere un punto di vista “esterno”, perciò privo di condizionamenti tecnici e senza vincoli riguardanti la produzione.
Per sviluppare questa nuova vettura, chiamata VSS (Vettura Sperimentale a Sottosistemi), Piano e Rice insieme a Franco Mantegazza costituiscono il centro di ricerca I.DE.A. (Institute of Development in Automotive Engineering), con sede a Moncalieri, a poca distanza dal Lingotto.
Secondo Piano e Rice per innovare i processi produttivi e ridurre il peso della vettura bisognava separare il telaio strutturale dall’involucro, in pratica scomponendo l’automobile ed applicando i principi dell’architettura: parti prefabbricate, flessibilità dello spazio interno ed impiego di materiali plastici.
Spostare le funzioni strutturali e di resistenza al telaio, accuratamente studiato e disegnato da Rice, permise di accantonare la scocca portante in lamiera, come era stata realizzata sino a quel momento e di mettere a punto un involucro decisamente più leggero composto da pezzi leggeri di materia plastica.
La VSS fu progettata con gli stessi criteri di un edificio, separando, sia dal punto di vista concettuale che da quello costruttivo, la struttura portante dalle parti di tamponamento leggere. Si sperimentarono vari materiali come il polipropilene, i poliuretani, il poliestere, i policarbonati ed il nylon, per ottenere i singoli pezzi: il cofano, gli sportelli o gli elementi della scocca. In questo modo i pezzi potevano essere modellati in varie forme, smontati e rimontati ottenendo così diverse configurazioni di vetture sullo stesso telaio.
La separazione fra telaio e scocca permise di rivoluzionare i processi produttivi dell’autoveicolo, dividendo la modellazione del telaio dalla fabbricazione dei componenti della scocca, che potevano essere dati in appalto esternamente al pari della componentistica ed alla fine assemblare il tutto per ottenere l’auto finita.
In sostanza gli obiettivi della Fiat VSS furono pienamente raggiunti:
1) La costituzione di una cellula rigida, che circoscrivesse l’abitacolo e proteggesse chi ne era all’interno ed offrisse anche protezione passiva in caso di urti.
2) Il telaio di Rice era la parte “nuova” dell’auto, alla quale venivano fissati gli organi meccanici ed i cosiddetti ‘sottosistemi’, cioè tutte quelle parti di carrozzeria (cofani, portiere, tetto, baule, etc.), che potevano essere aggiunte alla struttura reticolare per completare l’automobile.
Va anche detto che la VSS al posto dei materiali plastici avrebbe potuto usare per i vari ‘sottosistemi’ anche materiali più tradizionali e che, anche essendo solo un prototipo, era perfettamente funzionante visto che adottava la meccanica della Fiat Ritmo.
Nonostante sia Piano che Rice avessero studiato minuziosamente sui modelli e in galleria del vento la forma e la struttura della VSS, anche lavorando a stretto contatto con gli ingegneri della Fiat, l’auto non fu prodotta. Ma, ad onor del vero, gli stessi principi e molti dei concetti sviluppati per la VSS furono messi in pratica con la Fiat Tipo del 1988.
Fonte: ArchivioPrototipi.it
Image Credit: Fiat