1969 PININFARINA SIGMA GRAND PRIX

Image Credit: ArchivioPrototipi.it

La Pininfarina Sigma Grand Prix raccontata da Paolo Martin.

Lo studio e la realizzazione della SIGMA G.P. sono stati per l’azienda e per me un vero banco di prova in tutti i sensi. Quando seppi del programma rimasi un po’ perplesso dato che nessuno dell’ufficio era esperto o competente nel campo della F1, ma decidemmo di provarci.

Un giorno giunse in azienda un telaio in tubi con un motore, una pedaliera e quattro ruote. Il tutto apparteneva ad un vecchio modello 312-V12.

Il "rottame" giacque per alcuni giorni inanimato in officina fino a che la mia curiosità si fece strada ed ottenni dalla direzione alcune delucidazioni più precise a riguardo.

Non esisteva un disegno relativo, nulla, e tutto fu rilevato e posizionato secondo logica: "Provi ad inventarsi qualche cosa che serva a non farsi male in corsa !!" Già! Questo era l'imput.

Investito di quella responsabilità e supportato dall’orgoglio e dalla incrollabile fiducia in me stesso, pur non avendo mai visto una F1 da vicino, pensa e ripensa, fra le fantasie del sottoscritto si fece strada l'idea di costruire un sottotelaio portante con una struttura rigida applicata sopra che, in caso d'urto, veniva “espulsa” dal sottogruppo motrice.

Ciò sembrava troppo complicato, disegnai allora un telaio in lamiera di alluminio con l’intenzione di legare tutta la struttura tramite paratie e pannelli rivettati come in campo aeronautico feci un figurino praticamente definitivo e quindi passai subito alla pratica.

Feci mettere degli spessori in legno di 10 cm sotto il motore e la pedaliera, quindi inventai il passo, mi sedetti in mezzo con il volante in mano ed un legno sotto il sedere e cominciai a sognare di essere in pista, cercando di immedesimarmi nel pilota.

A poco a poco cominciò, a furia di schizzi e di discussioni con il capofficina, a prendere forma un abbozzo di telaio in polistirolo, un pò storto ed incollato.

Non ne ero molto convinto e, specialmente quando chiedevo notizie, le risposte erano molto evasive, ma devo riconoscere che ebbi un valido aiuto dal direttore Martinengo: "Caro Martin, cà fasa l'on c'à vol!" (tradotto: ”Caro Martin, faccia un po’ quello che vuole”). Era ciò che aspettavo!

Il telaio si sviluppò in seguito con due longheroni longitudinali in alluminio, con spessore di 1,5 mm portanti, con sezione variabile ed aperta a Y verso l’anteriore. Posteriormente si ancorava ad un telaio trasversale sempre di alluminio di 3mm a cui era collegato il blocco motore-sospensioni.

Lateralmente la scocca era solo di contenimento per due serbatoi, progettati dalla Pirelli, sdoppiati in gomma riempiti di spugna sintetica a cellula aperta per evitare sciacquii e per impedire la fuoruscita violenta di carburante in caso di impatto.

Iniziai contemporaneamente il modellino in scala 1/10 che mi aiutò molto per le decisioni finali. Completavano il tutto i paraspruzzi posteriori, l’impianto antincendio e la colorazione fluorescente delle ruote e delle estremità.

Così è nata la SIGMA GP, dopo lunghi, approfonditi e teorizzati studi sulla sicurezza.
Solo lo scrivente sa come è in realtà costruita internamente quella vettura, tutto è sigillato dai rivetti e le tante ipotesi fantasiose si sono scatenate in seguito.

Il disegno eseguito da Teo Page per Automobil Revue è costato una settimana di lavoro a posteriori, basato tutto sui ricordi di come erano le staffe, le alette, gli attacchi e le sezioni.

Vero che la cintura per il casco la misi all'ultimo in un momento di entusiasmo, vero anche che il cruscotto doveva cedere e aprirsi in caso d'urto (in teoria), ma la cosa più importante è stato il fatto che, quando vedemmo che l'auto si reggeva sulle sue ruote senza l'ausilio dei supporti, fu un gran sospiro di sollievo da parte di tutti noi.

E' un lavoro stupendo, così devono essere le F1: un passo avanti di decenni è stato fatto!

Testo di Paolo Martin - ArchvioPrototipi.it
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