La Maggiora Halley raccontata da Paolo Martin.
L'amicizia con Bruno Maggiora ha portato alla decisione di costruire, dopo la Gobi del 1984, questo secondo prototipo marciante.
Per il telaio fu scelto quello di un modello Fiat molto popolare in quel periodo, la Uno, con l'intenzione di fare qualche cosa di nuovo nonostante le dimensioni e il segmento a cui apparteneva.
Forte e fiducioso dell'esperienza nel settore mi misi a ragionare sulla possibilità di intervenire su tutti i dettagli e particolari che normalmente tutti i grandi costruttori di allora non curavano più di tanto. Innanzitutto quest'auto, disegnata nel 1984, è stata l'antesignana dei monovolume di oggi e la sua forma di profilo, suggeriva la facilità di trasformazione nell'eventuale modello Cabrio.
Il cofano scorreva verso l'alto per motivi di sicurezza: anti-intrusione, investimento pedoni e aperture accidentali. (dis. A)
I parasole anteriori e posteriori erano integrati nel tetto, i sedili lato porte erano divisi e solidali con esse per facilitare l'accesso in entrata e in uscita. (dis. B)
I dischi freni erano iperventilati dinamicamente e con un dispositivo comandato in frenata che apriva la carenatura cerchio di 20 mm convogliando aria sul disco. (dis. C)
I fanali posteriori avevano un filtro polarizzante per essere visibili in caso di nebbia. Disponeva poi di un'estrattore dinamico aria abitacolo posto sul fianco posteriore.
Purtroppo un grande condizionamento al progetto è stato l'utilizzo dell'autotelaio nella sua totalità, volutamente senza modifiche di ossature principali come, i vani porta, i brancardi, la carreggiata ed il serbatoio, in modo da poter essere facilmente prodotto per la serie.
L'allora Amm. Delegato Dott. Ghidella volle la vettura in Fiat per un po' e fu molto soddisfatto per i risultati ottenuti, con grande soddisfazione mia e di Bruno Maggiora.
La Halley, chiamata così in omaggio alla cometa di turno, fu esposta con successo nel 1985 a Francoforte e a Torino.
Testo di Paolo Martin
Image Credit: Paolo Martin