1962 GHIA SELENE II

Negli anni Sessanta erano tutti affascinati dalla tecnologia. Tutti i tipi di scoperte sembravano a portata di mano. Centrali nucleari atomiche sarebbero state in ogni casa. Enormi aeroplani sarebbero stati come camere d'albergo volanti.

Ogni telefono avrebbe avuto un televisore collegato ad esso. Le pagine di "Popular Science", una rivista americana di fantascienza, erano piene di idee meravigliose, tutte disegnate con colori primari e pastelli, proprio come i fumetti.

Il trasporto, ovviamente, era in testa alla lista. Moduli di trasporto anti-gravità, razzi a propulsione atomica, elicotteri e piccoli aeroplani che una volta atterrati, ritraevano le ali e partivano come automobili.

Non è difficile capire che, organizzazioni creative come la Ghia e i suoi designer erano rimasti coinvolti nell'eccitazione. Così si sono messi a progettare auto con tetti a bolla, le auto con le pinne, le auto con i jet-pod e le auto a due ruote bilanciate dai giroscopi.

Nel 1959 Tom Tjaarda, che lavorava presso la Ghia, ricevette l'invito a costruire la Selene, una concept "spaziale", con un muso lunghissimo e l'abitacolo posto davanti alle ruote anteriori. Inutile dire che il progetto non ebbe nessun seguito produttivo.

Incredibilmente, un paio di anni dopo, Virgil Exner, Jr., lavorando in modo indipendente da suo padre, ma con la collaborazione di Sergio Sartorelli, progettò il sequel della Selene, anch'esso costruito dalla Ghia. Quel progetto era la Selene II. Se mai poteva esistere un concetto che comunicava un tema "spaziale", quello era la Ghia Selene II.

Il guidatore della Ghia Selene II è seduto quasi sulle ruote anteriori, in posizione molto avanzata e centrale, con di fronte una cloche di tipo aeronautico. Superfluo dire che il tetto era costituito da una bolla di vetro.

I due passeggeri siedevano dando le spalle all'autista in sedili minimalisti, allora molto alla moda, e potevano guardare avanti tramite uno schermo televisivo. Le porte avevano una finestratura trasparente che si estendeva dalla linea di cintura al centro del tetto.

Il pavimento era sollevato. Dietro l'abitacolo, che terminava molto prima delle ruote posteriori, c'era una coda affusolata con una pinna centrale che si estendeva fino al paraurti posteriore.

Come la sua progenitrice, la concept Ghia Selene II attirò un'immensa pubblicità, ma ovviamente non essendo pensata per la produzione dopo qualche anno finì nel piccolo museo Ghia a Torino.

Fonte: ArchivioPrototipi.it
Image Credit: Ghia