Nel 1976 Bertone presenta al Salone di Ginevra una concept car di assoluto valore. Si chiama Alfa Romeo 33 Navajo. La vettura sancisce la ripresa dei rapporti fra il Carrozziere torinese e la Casa del Biscione. Un binomio che ha dato origine, nel corso di molti anni, a numerose vetture diventate famose nel mondo. Nomi come Giulietta Sprint, Canguro, Giulia GT, Carabo e Montreal evocano altrettante tappe fondamentali nell'evoluzione dell'auto sportiva. Nel 1976 l’Alfa Romeo 33 Stradale era quasi un prodotto obsoleto, ma la matita di Marcello Gandini diede vita a qualcosa di straordinario, un’auto che sembrerebbe moderna anche nel 2020.
La Navajo, pur nella sua impostazione volutamente esasperata, rappresenta un'idea concreta per una coupé sportiva basata sulla prestigiosa meccanica della Alfa 33. Il telaio tubolare d'origine viene allungato ed opportunamente modificato per consentire una migliore abitabilità. La carrozzeria, interamente in vetroresina, unitamente al telaio, garantisce al prototipo un ottimo risultato sotto il profilo dei pesi. Vista la disponibilità di un motore potente e generoso, Marcello Gandini concentra l'attenzione sui problemi aerodinamici connessi con l'aderenza, oltre a occuparsi della velocità pura.
La Navajo beneficia di questa impostazione sia nel disegno generale, sia negli elementi accessori. La parte anteriore risulta, infatti, molto rastremata, espediente che consente di ridurre al minimo la portanza. A questo fine, inoltre, la vettura viene dotata di un originale ed inedito spoiler anteriore, che automaticamente regola l'angolo di incidenza con il suolo in funzione della velocità del veicolo.
L’architettura dell’ala si basava su una struttura trapezoidale, un chiaro omaggio all’Alfa Caimano di Giugiaro apparsa nel 1971. Ma l’utilizzo di questa geometria era finalizzato anche per convogliare al meglio i flussi di aria calda provenienti dal possente V8 2.0 litri. Le fiancate posteriori, oltre a costituire un interessante motivo estetico, rappresentavano un valido supporto al generoso spoiler posteriore, anche questo ad inclinazione variabile. Decisamente fuori dagli schemi i fari anteriori, che si aprivano orizzontalmente, comparendo dai fianchi del muso.
Anche l’interno della Navajo sperimentava un design decisamente in anticipo sui tempi. C’erano due sedili fissi realizzati in fibra di vetro ed una console centrale sospesa che non si congiungeva col resto della plancia. Proprio la plancia sfruttava una sezione circolare che correva per tutta la larghezza dell’abitacolo, anche i comandi e le grandi leve risultavano elementi futuristici.
La Navajo, polarizza l'attenzione di pubblico e tecnici: le soluzioni d'avanguardia proposte sono un'ulteriore conferma dello stile unico del Carrozziere, costantemente impegnato nella sperimentazione e nella proposta di soluzioni nettamente in anticipo sui tempi. La vettura è oggi conservata al Museo Storico Alfa Romeo.
Fonte: Archivio Prototipi
Image Source:Archivio Prototipi.it - Kevin Van Campenhout